Il Padre della corona

di Pierluigi Nava

La più antica incisione pervenuta di S. Luigi Maria Grignion da Montfort (1673-1716), databile attorno al 1750 lo ritrae nella talare secondo un modello adottato dal clero a partire dal 1680 fino al 1700 (foto n. 1). L’abito è abbottonato dall’alto in basso e la sua misura arriva normalmente fino ai talloni. Contrariamente ad un uso attestato in diverse diocesi, le maniche non sono ristrette bensì rimboccate sul polso in modo da scoprire i polsini della camicia. La bàvera o colletto evidenzia la forma assunta verso il 1700: una parte superiore si restringe attorno al collo, la parte inferiore si allunga sul petto dividendosi in due rettangoli che all’estremità si profilano ad angolo. Il tessuto è rigido e il colore bianco si staglia nettamente sul nero della talare. Il p. C. Besnard, terzo superiore generale della Compagnia di Maria (1755-1788), menziona nella sua biografia del Fondatore che “tra le preziose reliquie che si conservano a Saint-Laurent-sur-Sèvre [...] si trova [...] una veste che M. de Montfort aveva portato fino a che essa non fosse fuori servizio. Si tratta di un lavoro confezionato da una pia persona di Nantes che gliene fece omaggio conoscendo la sua attrattiva per ciò che poteva richiamargli il Salvatore, l’aveva lavorato di un sol pezzo con dello stame, come si intessono le calze con gli aghi a maglia”. L’allusione del biografo è da porsi in relazione al versetto di Gv 19, 23: “Ora quella tunica [di Gesù] era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo”. Un’ ampia parte di questa talare è conservata nella “sala dei Fondatori” presso la casa madre delle Figlie della Sapienza a Saint-Laurent-sur-Sèvre (Vendée). Insieme alla veste sono esposti dei frammenti di una corona del rosario dai grossi chicchi neri appartenuta a S. Luigi Maria. I contemporanei del Santo lo amavano chiamare il “Padre della grande corona” non solo per la sua ben nota devozione alla Vergine, ma anche per l’importanza che assumeva la recita del S. Rosario nelle missioni al popolo. Nelle sue Regole dei Preti Missionari della Compagnia di Maria (1713) così prescrive: “Durante la missione diffondono con tutte le loro forze la grande devozione del Rosario quotidiano, sia al mattino con appropriate letture, sia nelle conferenze e nelle prediche […] Ne danno l’esempio recitando essi stessi tutti i giorni della missione il Rosario intero, a voce alta, in francese, con l’offerta dei misteri” (n. 57). Nelle medesime Regole il Fondatore non descrive un abito peculiare per i suoi Missionari, ma rimanda al modello in uso nel clero francese del XVII secolo, in particolare quello adottato dai Sulpiziani presso i quali dal 1682 al 1700 percorre il suo cammino di formazione teologica e presbiterale: “Si vestono come la maggioranza dei buoni ecclesiastici, specialmente quelli del seminario di San Sulpizio di Parigi, non avendo cappello, colletto o mantello, né altro abbigliamento che li distingua” (n. 40). Le consegne verranno rispettate dai successori fino all’epoca del superiore generale p. Gabriel Deshayes (1821-1841). Le Costituzioni del 1837 richiamano l’uso del cordone o, in sostituzione, della cintura. Il colletto è rigorosamente di stamigna di lana, ovvero di stoffetta leggera di colore nero bordato di bianco. Il De Chergé, nell’ “Histoire des Congrégations Religieuses d’origine poitevine” (1856), descrive il modello dell’abito che rimarrà pressoché inalterato fino ai nostri giorni: “La divisa dei padri della Compagnia di Maria è quella che portano generalmente a Roma i chierici regolari, cioè la veste nera senza coda, aperta al collo in modo da lasciar intravedere il piccolo collo bianco (collarino) [sic] senza bàvero; il cappello è il cappello ecclesiastico ordinario. Seguendo l’uso dei loro primi Padri, portano sul fianco una corona accompagnata ad una piccola croce in ebano e rame”. Le costituzioni post-conciliari dei Missionari Monfortani - nell’ ultima edizione (Roma 1995) - confermano la descrizione menzionata: ”Secondo la raccomandazione del fondatore, ci vestiremo come la maggioranza dei buoni ecclesiastici del paese. Il cordone e la corona del rosario costituiscono i segni distintivi, quando indossiamo la veste talare” (art. 76)